Amiche Mele

 

Le nostre amiche Mele

a cura di Riccardo Mellano

Nei giorni 8 e 9 novembre 2014, in occasione della fiera di San Martino, l’ATA ha organizzato nei locali del Municipio di Ciriè una mostra per diffondere la conoscenza delle mele presenti oggi ed in passato nella nostra regione.
C’erano le mele coltivate professionalmente (cartellino di colore rosa); c’erano le nuove varietà che si stanno imponendo in quanto immuni da alcune malattie e che quindi necessitano di minori trattamenti (cartellino verde); le vecchie varietà a diffusione regionale (cartellino giallo) ed infine le varietà specifiche della valle di Lanzo e del Canavese (cartellino azzurro).

La coltivazione delle mele era già conosciuta al tempo dei Greci; ci sono citazioni riferite a questa specie che risalgono al VI secolo a.C.
Diventa particolarmente florida presso i Romani che ci hanno tramandato la varietà “Annurca” tipica della Campania dove viene ancora molto coltivata con notevole soddisfazione dei consumatori.
Durante il Medio Evo, al di là delle buone intenzioni di qualche governante illuminato, una vera e propria frutticoltura si trova solo nei giardini di Abbazie e Conventi.

La frutticoltura piemontese vera e propria nasce sul finire del 1700 quando vengono introdotte, attraverso la Savoia, varietà presenti da lungo tempo in Francia.
Un notevole contributo all’espandersi della frutticoltura proviene dall’Accademia di Agricoltura fondata nel 1785 a Torino.
Oggi presso il museo della frutta «Francesco Garnier Valletti» di via Pietro Giuria, 15 sono conservati i modelli di 72 varietà di mele, modellate in resina, presenti alla fine del 1800 nei regi stati.

Fino alla prima metà del Novecento la melicoltura continua a diffondersi lungo le vallate alpine, nelle zone pedemontane e collinari, specialmente nelle province di Cuneo, Torino e Novara dove a livello professionale vengono prodotte circa un centinaio di varietà.
In questo periodo, il Piemonte contribuisce per il 20% alla melicoltura italiana.
Dai luoghi di produzione, per esempio Barge e Bagnolo, serviti a quell’epoca dalla ferrovia, partivano treni carichi di mele per i mercati nazionali ed esteri (Germania, centro Europa e addirittura Egitto).

L’esodo verso le città industrializzate nel secondo dopoguerra ha provocato l’abbandono dei frutteti più piccoli dove erano preferite le vecchie varietà autoctone e viceversa la nascita di aziende intensive dove vengono privilegiate le varietà più ricercate dalla grande distribuzione per lo più provenienti dall’estero in particolare dal Nord America e addirittura Australia e Nuova Zelanda.
Negli ultimi vent’anni alcune aziende, principalmente a conduzione biologica, hanno ripreso la coltivazione delle vecchie varietà ancora molto apprezzate dai conoscitori.

La mela è comunque rimasta uno dei frutti più interessanti dal punto di vista alimentare, per la sua ricca composizione e le caratteristiche di digeribilità (una mela al giorno toglie il dottore di torno).
Contiene mediamente oltre 85% di acqua che la rende dissetante e diuretica, il 12% di zuccheri ed acidi organici che stimolano la digestione e proteggono le mucose gastriche.
Inoltre la mela favorisce l’assorbimento del Calcio, è ricca di Potassio ed apporta la Vitamine A, B1, B2 e C.

Benché sia ricca di zuccheri, la mela come la patata è un alimento permesso e consigliato a molti diabetici, in virtù della sua composizione.
Può essere utilizzata da un punto di vista curativo in almeno due modi molto semplici: nel caso di insonnia si può preparare un decotto di mela facendo bollire una mela intera con semi e buccia in un litro d’acqua almeno per 45 minuti.
Si beve una tazza di liquido prima di andare a dormire per alcune sere di seguito.
Un altro modo valido per usare al meglio questo frutto è il seguente: in caso di stitichezza si fa bollire una mela per 15 minuti in poca acqua, la si mangia tiepida con il suo liquido al mattino a digiuno.
CURIOSITA’
Di alcune varietà per lo più a buccia rugginosa (Grigio della Composta, Composta vera, Composta grossa) a maturazione, intorno a dicembre – gennaio, si sceglievano i frutti migliori che venivano immersi in acqua dentro recipienti simili a damigiane dal collo largo o mastelli, ricoperti da sacchi di tela o paglia per impedire che venissero a galla e a contatto con l’aria quindi posti al fresco nelle cantine.
I frutti, dopo fermentazione, si conservavano fino a maggio – giugno e venivano consumati come dolce o per rinfrescarsi durante le fienagioni.